Ponso

STORIA DI PONSO

Negli atti notarili più antichi la località è detta “Passim, Pausum, Piusum” o più spesso di “Palsum, come appare in una donazione del Marchese Alberto detto Azzo del 26 settembre 1075.
La prima visita pastorale fu quella de vescovo Barozzi, il 30 ottobre 1489, in quell’occasione la zona è chiamata “passium”. Nelle curiosità del Territorio Padovano, pubblicate da Marzio, si legge: “Ai piedi dei colli Euganei a 7 km. da Este giace quest’antichissimo paese, il suo nome sembra derivare dalla corruzione dialettale del latino Pausa o Pausatorium che luoghi di sosta o riposo dei montanari che scendevano al piano”. Quest’affermazione è avvalorata anche dal fatto che in antichissimi documenti quel paese è chiamato Pauso e Paulso ed anche abbiamo osservato che quasi tutti i paesi che hanno un nome simile a questo, si trovano ai piedi dei monti, come Ponse a Vittorio Veneto e Pons a Torino.
La scoperta di un monumento funerario ha attestato l’esistenza di Ponso nell’epoca romana, prima ancora di Cristo. Il paese di Ponso era Parrocchia fino al lontano secolo IX e aveva quattro chiese, fra le quali una detta S. Maria di Prà e soprannominata Chiesazza perché ridotta a desolazione dalle inondazioni dell’Adige.
Una cappella dedicata a San Michele fu probabilmente eretta dai monaci di Santa Maria della Vangadizza; ma la parrocchiale era la chiesa di Santa Maria, che fu presa in custodia da Papa Lucio IIº nel 1144 e ricordata anche nel testamento del marchese Tancredo, come pure nella decima papale del 1297 come “Santa Maria de Piuso”. Quest’antica chiesa, danneggiata per le inondazioni, fu abbandonata poco dopo la visita del vescovo Nicolò Ormaneto del 1571 e ne fu costruita un’altra, sempre dedicata alla Madre del Signore. San Gregorio Barbarico nel 1683 la trova in ricostruzione e sei anni dopo non era ancora ultimata.
Nei tempi antichi il comune di Ponso era attraversato dall’Adige come riportato dai libri storici, quindi si può desumere che sia stata la prima causa del sorgere del paese, in quanto in antico i fiumi costituivano le principali strade di comunicazione.
Probabilmente il paese era popolato da pastori e da pescatori che scendevano dai monti (sino al 1820 si trovavano i bufali). Man mano che l’Adige andò spostandosi verso un altro luogo, la zona di Ponso presentò una larga estensione di terreno più basso dando luogo a paludi e, a seguito una terribile alluvione dell’Adige stesso, alla formazione di un lago denominato Lago di Ponso e Vighizzolo.
L’esistenza di questo lago, si rileva da una mappa compilata nel 1649 per ordine della Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 1797, con l’avvento napoleonico, Ponso si erigeva nuovamente a Comune, e fino al 1813 la no-stra zona è stata caratterizzata da gravi perturbamenti dell’ordine pubblico provocate da bande di facinorosi e disertori che s’impadronivano degli averi altrui e commettevano ogni sorte di angherie. La vita quindi degli abitanti del nostro paese era molto difficile anche per la mancanza di protezione e ognuno doveva difendere personalmente i beni della propria famiglia. In tali condizioni naturalmente il commercio, l’agricoltura e ogni altra attività erano completamente paralizzate.

Ponso Chiesa

INCENDI E ALLUVIONI

XIX secolo tetro per Ponso, la forza della comunità nella ricostruzione del Paese.

Come riportato nell’opuscolo redatto nel 1934 dall’allora Segretario Comunale Domenico Morazzi “LA STORIA DI PONSO”, domenica 9 luglio 1809 ci fu l’incendio del comune di Ponso che distrusse completamente ogni cosa.
Il fatto è così descritto dal Sindaco di allora, nel suo rapporto al Giudice di Pace:

” Chiamato a render conto di quanto è avvenuto nella Comune di Ponso nella Giornata di domenica 9 luglio, io posso dirle che alle ore 4 della mattina, sentendo nelle Comuni vicine il suono delle campane a martello, mi sono portato nella Chiesa per udir la Santa Messa ed ho trovato il mio popolo cheto e tranquillo, che a tutt’altro pensava fuorché all’insurrezione e al brigantaggio. Appoggiando quindi la sicurezza della Comune alla quiete degli abitanti, calmo e contento me ne tornai nella mia abitazione, quando vedo entrare certo Vigato Francesco mio amico, che mi da la triste notizia che gli insorgenti di Piacenza erano diretti per venire a Ponso e che avevano fatte delle espressioni contro la sicurezza del Sindaco.
Allora sbigottito e quasi senza badare a quel che mi faccia, pensai alla mia minor disgrazia ed alla salvezza della mia vita.
Di quanto è avvenuto in seguito, non posso darle alcuna parte fondamentale, soltanto dirò quello che ho sentito per relazione. Comparsi dunque 50 e più insorgenti alle ore due pomeridiane in questa nostra Comune, si scagliarono tosto al campanile ed obbligarono a viva forza il campanaro a suonare la campana a martello. Passarono alcuni di questi nella casa del Parroco ed altri alla casa del Cursore insistendo che volevano assolutamente la cassa del Comune.
Persuasi non esservi cassa, di pubblica ragione si avventarono contro il Cursore e con mille strapazzi ed insulti, l’obbligarono ad andare seco loro. Lo condussero alla Camera Comunale, aprirono la porta, unirono carte tutte, mobili, porte, balconi e cadreghe, e tutto in massa, formarono un gran fuoco in mezzo alla piazza ed obbligarono il cursore ad assistervi gettandogli nel fuoco anche la bandoliera che per forza gli avevano posta in dosso. Passarono dippoi nella casa dei Sigg. Francanzani dove trovarono da mangiare e bere a sazietà, ne contenti di questo vollero dei soldi e della munizione. Dippoi partirono e presero la strada di Bresega, conducendo seco alcuni di Ponso, non si sa per forza o per libera elezione. Risulterebbe che in detta circostanza venissero, dai briganti, saccheggiate pure le canoniche di Ponso e Bresega e bruciati i loro archivi. Nello stesso giorno non vennero risparmiate la casa del Sindaco e quella del Segretario e così pure una proprietà del sindaco stesso sita in Valli Mocenighe”.

Questa testimonianza costituisce prova sicuramente valida della situazione in cui si trovavano i nostri paesi in quel periodo ad opera dei briganti. Negli anni 1853-54 il vaiolo e il colera non mancavano di mietere vittime. Si verificò una grave ca-restia, seguita poi nel 1855 da una forte epidemia colerica, con 190 casi di cui 87 casi letali.

Altro momento triste che la comunità di Ponso non può dimenticare è l’alluvione provocata dal fiume Adige il 18 settembre 1882. A causa delle piogge a dirotto i fiumi e i canali della Provincia avevano gonfiato straordinariamente e, nonostante l’attiva opera per scongiurare la catastrofe, nei giorni 17-18-19 settembre rompeva il Frassine, il Brenta in cinque punti diversi; il Tesina, il Cere-son, il Bacchiglione in altri tre punti; il Fratta in 16 punti; e infine l’Adige a Masi e a Cà Morosini: complessivamente 29 rotte con al rottura di ponti e la distruzione di raccolti e strade in parecchi Comuni della Provincia di Padova. Anche il nostro comune non rimaneva esente da tale disastro e come riportato dall’allora Sindaco Morassutti sul giornale “L’Euganeo di Padova” del 03/10/1882 I danni furono: dei 2000 abitanti residenti nel Comune di Ponso, ben 945 sono rimasti senza casa, 142 sommerse abitazioni sommerse ed altre 70 sfasciate. Il danno approssimativo causato dalla rotta di Masi per il nostro piccolo Comune ammontava ad oltre 500 mila lire.

Di quest’alluvione esiste ancora una lapide commemorativa in un’abitazione della principale Via Vittorio Emanuele III dove si ricorda la data della stessa e la misura d’arrivo dell’acqua.

Mappa di Ponso
La-Colombaia-Az-Agr-Sperandio-1799
Ponso-anni 30
Ponso-anni 50
Ponso-campo Rezzan
Mulino Cavallati
Cassa rurale
Panificio Cavallari

IL 900

La distruzione nazista e la rinascita del dopoguerra.

Il 28 maggio 1913 fu inaugurata la nuova sala parrocchiale dove fino agli anni settanta si svolsero degli spettacoli teatrali. Nel 1914 fu costruito un Lazzaretto in località Morosina-Chiesazza abitato fino agli anni ’80 e demolito nel 1990 dove oggi esiste un’oasi faunistica-naturalistica. Sempre nello stesso anno vicino alla scuola materna odierna venne costruito il Municipio che venne sostituito nei primi anni del secondo dopoguerra da altro edificio.

Altro evento che si ricorda è la distruzione della chiesa, di S. Maria Assunta del campanile e di sei case civili, dalla barbarie nazista nella notte del 27-28 Aprile 1945, ricostruita poi e benedetta nel 1949, mentre il campanile fu inaugurato nel 1957.  L’evento viene descritto nelle memorie di don Angelo Rizzo:

“Il venerdì 27 aprile 1945 di buon mattino si son visti girovagare a gruppi giovani sui 16 ai 20 anni appartenenti alla divisione SS tedesca. Avevano facce ed occhi che mettevano terrore. Anche in canonica verso le 8 vennero quattro individui armati e dall’aspetto sanguinario a perlustrare le stanze in cerca di biciclette; si presero sei salami; quindi scesero per fare una perquisizione nei locali inferiori. Entrato il reverendo don Giuseppe Lorenzi cappellano indossante ancora la cotta e, viste quelle truci facce, temendo per la vita del parroco e dei suoi famigliari, compì un gesto inconsiderato; cioè fece suonare le campane a stormo. Ma nessuno dei ponsani si potè muovere perché le strade erano bloccate ed uscire significava esporre la vita al pericolo. A quel suono i quattro manigoldi si partirono. Di lì ad una mezzora gli stessi individui ritornarono per visitare altre adiacenze secondarie della canonica e per vedere forse se vi fossero partigiani. Verso le ore 11 venne un soldato tedesco per visitare e segnare la canonica per farne nel tardo pomeriggio una scuderia. Alle ore 2 pomeridiane venne un altro tedesco che, aiutato dal giovane campanaro Zanin Aldo, salì sul campanile per vedere, così diceva, quanto lontano ancora fosse il fronte nemico. Verso le 4 pomeridiane veniva barbaramente ucciso dalla rabbia tedesca il giovane diciannovenne Pernumian Elvio, ritiratosi col fratello in un rifugio in aperta campagna, perché considerato come un partigiano. Intanto in canonica arrivavano 4 soldati tedeschi armati del mitra e chiedenti vino. Trovata un po’ di resistenza nell’averlo da parte dei famigliari del parroco, espressero il desiderio di parlare personalmente col pastore. Scesi di mia stanza subitamente e, dietro loro richiesta, porsi vino in abbondanza e li invitai a bere in cucina. Vista la mia cordialità, mi offersero un pacchetto di sigarette; poi se ne partirono, dopo però avermi preannunciato che alla notte vi sarebbe stato un grande scoppio prima che arrivassero le truppe di colore inglesi. Sebbene fosse quanto mai pericoloso girare per le strade, sentito il desiderio dei famigliari, mi recai in casa del trucidato Pernumian e gli amministrai la estrema unzione sub mditione e consolai la sua madre e i fratelli. Facendo ritorno, arrivato presso la casa Businaro Riccardo, un giovane tedesco con la rivoltella in pugno, quasi scherzando, mi minacciò. Per la strada non v’era persona e, passando dinanzi alle case, gli abitanti si meravigliavano di vedere il loro parroco girare solo, mentre immaginavano essere stato ad assistere a qualche scena tragica. Già la strada Vittorio era stata minata presso Martinello Anacleto e quella di Galantin Romano e presso Marchiori e Seren Ermenegildo.
Sempre sotto l’incubo ed il triste presentimento di una prossima sciagura abbiamo cenato; quindi quanto mai prostrati nelle forze fisiche e morali, recitate le preghiere della sera, ci coricammo per dormire a terra. In canonica era venuto il signor cappellano, la sua domestica e i due giovani Zanin Aldo e Grigolin Rino sagrestani per consolarci e tenerci compagnia. Di fuori tira un forte vento e scroscia la pioggia. Verso le due di notte del giorno di sabato 28 aprile sentiamo battere con insistenza e prepotenza. Si apre. Sono quattro tedeschi armati che domandano le chiavi della chiesa per andare in campanile. Accompagnato dal cappellano, vado in chiesa anch’io per osservare le loro intenzioni. Alcuni tedeschi entrano in campanile; altri con candele accese esplorano la sagrestia, i confessionali degli uomini e le altre adiacenze. Ci fermiamo in chiesa a pregare per l’ultima volta, raccomandandoci a Gesù sacramentato, implorando la divina protezione.
Siamo invitati da un soldato tedesco ad uscire. Alla porta il soldato di guardia è da me pregato e scongiurato con le lagrime agli occhi di non usare danni alla chiesa né di fare sevizie a noi sacerdoti e ai nostri famigliari. Rientrati in casa, viene un soldato a chiedermi il mantello per ripararsi dal freddo e dalla pioggia quasi cessata; quindi mi prende due coperte, due ombrelli, un orologio, un paio di calze. Frattanto in chiesa veniva portato un grosso carico esplosivo e di qui trasferito in campanile. Il soldato di puma viene in canonica forse per vedere se noi eravamo scappati. Intanto prevedendo la sventura ci siam messi a pregare fuori dalla porta della canonica prospiciente i campi del beneficio. Verso le ore 3 del mattino abbiamo sentito il primo scoppio di mina, quindi un secondo che faceva danni alla casa di Galantin Romano, poi un terzo che faceva saltare la strada dinanzi la casa di Marchiori Mario e di Seren Ermenegildo con le loro case. A quella poi di Marchiori fu appiccato il fuoco. Allora tutti noi ci siam portati nel fosso in fondo al campo ove, credendo prossima la nostra fine, ci siamo impartiti la assoluzione sacramentale. Presi da terrore inenarrabile sentiamo un ultimo enorme scoppio seguito da un lungo boato, col quale saltava in aria il campanile fin dalle fondamenta, facendo crollare anche la chiesa. Attirati dalla curiosità di vedere il grandioso incendio che divampava, usciamo verso le 5, ci portiamo fino alla canonica e con lo schianto nel cuore con le lagrime agli occhi constatiamo che l’amata chiesa ed il grandioso campanile di Ponso sono ridotti ad un cumulo di rovine e la canonica notevolmente danneggiata.”

Il 27 settembre 1959 fu inaugurata la scuola materna “Santa Marta” e diretta dalle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù fino al Luglio 2001. Nel 1963 fu inaugurato il prefabbricato della scuola media “A. G. Roncalli” che prese fuoco il 14 dicembre 1968, in seguito a un corto circuito nel locale della caldaia e ricostruito nello stesso luogo e inaugurato il 4 Novembre del ’74. Nell’anno scolastico 1974/ 1975 gli alunni hanno così potuto usufruire, proprio in quello stesso mese, del nuovo abitato della scuola media. Il 18 Agosto 1974 ci fu il tragico incendio del Mulino Macinazione Euganea di Ponso. Al 1988 risale l’inaugurazione del Centro Parrocchiale “Madre del Redentore”.

Nel 1990 venne costruita la zona Artigianale che attualmente conta attualmente una ventina d’insediamenti tra artigianali e industriali, dove lavorano circa un 100/150 persone. Nel 1990 ha aperto i battenti la nuova sede municipale.

Ponso-stemma

LO STEMMA COMUNALE

Simboli ed Elementi che racchiudono la nostra Storia.

In sede di richiesta di ufficializzazione dello stemma in uso, la Presidenza del Consiglio ritenne il progetto inoltrato “d’esito araldico inadeguato” e propose in alternativa ben quattro bozzetti che però non furono ritenuti idonei ad esprimere il passato ed il presente di Ponso.
Nel gennaio 1988 Giancarlo Scarpitta ha così ideato un nuovo stemma comunale. Esso doveva essere il giusto compromesso tra simboli in uso da tempo e regole araldiche. Con l’occasione, lo stesso Scarpitta propose l’adozione di un gonfalone, fino ad allora inesistente, interamente giallo. L’ufficio Araldico accettò senza difficoltà le varianti apportate al primitivo bozzetto ed in soli due mesi si giunse al prescritto D.P.R.

L’originario emblema si trova esposto in ceramica a colori nella sala della Pretura di Este assieme agli stemmi dei comuni del mandamento eseguiti da Giovanni Capuani.
Esso poteva essere così blasonato: “di verde, a due gheroni d’azzurro posti in sbarra, accompagnati nell’angolo destro del capo da due scaglioni scorciati d’oro, sovrapposti ed accantonati da tre losanghe dello stesso; essi gheroni accompagnati nel canton sinistro della punta da due spighe di grano d’oro poste in decusse”. Effettivamente lo stemma risultava cromaticamente un po’ “spento” per la presenza dei soli campi verde ed azzurro; inoltre la ripartizione dello scudo, sebbene originale, non trovava riscontri in altri scudi civici.

Nell’attuale rifacimento del bozzetto, la tenda (stilizzata in scaglione) ricorderebbe l’origine stessa del toponimo da “pausum, palsum”, termini significanti luogo di sosta, cioè “locus ubi pausatur”. La zona, infatti, probabilmente paludosa, era percorsa dai pastori con le numerosi greggi e dai carrettieri che transitavano verso o dai Colli Euganei.
Le tre losanghe (rombi) starebbero ad evidenziare i centri abitati inclusi nel Comune. Oltre al capoluogo si ricordano, infatti, Bresega (paese citato per la prima volta nel 1165 come “Bresica”), nella parte settentrionale del territorio, e Chiesazza a sud. Quest’ultima località trae origine dall’oratorio di Santa Maria dei Pra’ che conserva affreschi del Trecento di gusto veneto-bizantino, ora in buona parte coperti dalla calce sovrapposta nel 1680 a causa della peste. La Chiesazza (o Ciesazza) fu la parrochiale di Ponso sino alla fine del XVI secolo.
I due campi argento rappresenterebbero i laghi e le paludi che anticamente si estendevano nel territorio. In un atto di donazione del 1075 si legge a proposito che il marchese Alberto Azzo d’Este donò al monastero di Santa Maria della Vangadizza parte della palude detta “Arzere de Mota”.
Le spighe di grano metterebbero in risalto l’economia locale così descritta nell’ottocentesco Dizionario Corografico dell’Italia: “Il suo territorio si estende in pianura ed è ubertosissimo di cereali. Il gelso viene coltivato su vasta scala”.