Pastorizzazione e Sterilizzazione

Tradizione nella conservazione degli alimenti

Cum Serbare, ovvero l’arte del “custodire insieme“, l’etimologia latina della parola suggerisce la longevità della tradizione del conservare i vegetali il più possibile nel tempo.
La conservazione di frutta e ortaggi è un’arte che si tramanda da generazioni tra le famiglie contadine. Questa usanza è nata per assolvere la necessità di conservare gli alimenti per lunghi periodi in momenti distanti dal raccolto, per averne la disponibilità durante tutto l’anno.

 

Tradizione-Sama

Nel corso del tempo si sono consolidate differenti tecniche della conservazione alimentare, le più antiche sono l’essiccamento e la salagione, quest’ultima impiegata già dagli egizi e dai cinesi in tempi remoti.

La prima vera svolta per l’industria conserviera, avvenne in Francia alla fine del XVIII secolo, grazie a Nicolas Appert, figlio di proprietari alberghieri, che dopo numerosi tentativi ed esperimenti compiuti con la tecnica del bagnomaria, ovvero la permanenza in acqua bollente del prodotto in contenitori di vetro chiusi ermeticamente, riuscì a conservare gli alimenti vegetali per tempi più prolungati.

L’eredità di Appert fu poi raccolta dall’industria alimentare per la fornitura nel comparto bellico agli eserciti dislocati lontano da casa e si sviluppò sempre di più grazie alla sinergia tra le nuove tecnologie e le moderne abitudini alimentari. Fu proprio il nipote di Appert a sviluppare l’autoclave, la macchina industriale che apporterà una significativa rivoluzione nella qualità, nell’igiene e nella sicurezza dei cibi prodotti dall’industria conserviera.

 

“Il sig. Appert ha trovato un modo per fermare le stagioni …”

STERILIZZAZIONE E PASTORIZZAZIONE

Oggi il processo di conservazione degli alimenti tramite calore prende il nome di sterilizzazione o pastorizzazione.

La pastorizzazione è un processo termico che sfrutta temperature inferiori ai 100° C, per distruggere la maggior parte delle forme vegetative dei microorganismi presenti nell’alimento, che causano il deperimento del prodotto e che sono dannosi per la salute dell’uomo. La sterilizzazione ha lo stesso scopo, ma implica l’utilizzo di temperature più elevate e superiori ai 100° C. Non è solo la temperatura di trattamento a diversificare i due processi: di considerevole importanza è, infatti, il risultato finale che questi hanno sull’alimento e sulla sua conservabilità. La stabilità dell’alimento è dettata anche dalle caratteristiche chimiche del prodotto, come pH, sale o altre sostanze disciolte, che contribuiscono da sé all’inibizione dello sviluppo di microrganismi.

NOTE TECNICHE

Per le conserve vegetali il trattamento termico è solitamente eseguito attraverso un tunnel, a circolazione di vapore o a doccia con acqua calda, che lavora in continuo, o, come in un’autoclave, a ciclo discontinuo. Per gli sciroppi, invece, prima dell’imbottigliamento, il prodotto è pastorizzato in uno scambiatore di calore “a serpentina”.

Per una efficace pastorizzazione del prodotto è indispensabile che il calore penetri nel punto termicamente più sfavorevole del contenitore, mantenendo tale temperatura minima per un tempo sufficiente. La durata del trattamento varia in funzione della temperatura, del formato del contenitore e in base alla tipologia di alimento trattato.
Se per uno sciroppo è sufficiente una pastorizzazione “flash” che dura appena alcuni secondi, per i comuni formati in barattolo o in vaso la permanenza all’interno del tunnel è in media di 20 – 25 min, a seconda del contenitore (tanto maggiore è il volume del vaso, maggiore sarà la durata del trattamento).

Tuttavia, le temperature impiegate nella pastorizzazione non sono in grado distruggere completamente i microrganismi termofili e nemmeno le spore presenti. Nella sterilizzazione, invece, le temperature più elevate garantiscono un’azione più drastica, che permette d’inattivare gli enzimi responsabili della germinazione delle spore dei microorganismi. Questo trattamento si utilizza quando la ricetta del prodotto comporta un pH naturalmente superiore a 4.2 (come nelle olive nere in salamoia), e il trattamento di pastorizzazione non sarebbe sufficiente a rendere il prodotto sicuro.

Se da un lato il calore inattiva gli enzimi naturalmente contenuti nei vegetali (che ne causerebbero il deperimento), da altro canto ne provoca anche il rammollimento dei tessuti. Pertanto, dopo il trattamento termico deve seguire un rapido raffreddamento con acqua all’interno dei contenitori (generalmente di pari durata al trattamento termico) per arrestare la “cottura” e mantenere il prodotto ad una consistenza ferma.

Il processo termico è accuratamente sorvegliato dai tecnici e dal controllo qualità: la velocità del nastro di trasporto (e quindi la permanenza nel tunnel dei contenitori) e la temperatura sono costantemente monitorati e registrati. In molti stabilimenti una diminuzione di 2°C fa scattare un allarme sonoro per allertare gli operatori. Almeno una volta per turno e per tipologia di prodotto, viene inserita una sonda termometrica all’interno di un contenitore, la quale a frequenza definita registra la temperatura al centro del contenitore per tutto il tempo del trattamento termico.

All’uscita del tunnel, la sonda viene recuperata per trasferire i dati raccolti a un computer, per elaborare i dati e valutare l’efficienza del trattamento termico. Se questa viene meno, il prodotto dovrà essere accantonato come non conforme, mentre, se i dati raccolti rispondono alle istruzioni di produzione, il prodotto sarà idoneo alla commercializzazione.

SAMA interpreta la tradizione in ogni prodotto, mantenendo intatta la massima genuinità e naturalità degli ingredienti, con la certezza di un prodotto sicuro per lungo tempo. Un buon trattamento termico, limita l’alterabilità di un alimento permettendone una maggior conservabilità nel tempo, preservandone le caratteristiche organolettiche e limitando la perdita degli elementi nutrizionali.